Quando il reato ostativo impedisce l’accesso del condannato all’affidamento in prova ai servizi sociali
Il caso:
Il Tribunale di Sorveglianza di Milano respingeva istanza di affidamento in prova dovendo ancora il condannato espiare un residuo di pena superiore al limite di anni 4 di reclusione e sostenendo che il condannato dovesse espiare pena detentiva per un reato ostativo, ovvero una condanna per rapina aggravata, inserito nella previsione di cui all’art. 4 bis ordinamento penitenziario.
Obiettava correttamente la difesa che la pena per il reato di rapina aggravata era stato già dichiarato estinto a seguito dell’esito positivo dell’affidamento in prova terapeutico e che il provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica di Milano, su cui era stata proposta istanza di ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale in casi particolari, determinava una pena residua da espiare pari ad anni 4 e mesi 9 di reclusione e quindi inferiore al limite di 6 anni previsto dal DPR n. 309 del 1990, art. 94.
Il condannato rappresentava che per effetto del presofferto pari ad anni 4 e mesi 8 e della concessione della liberazione anticipata per giorni 180, egli doveva ancora eseguire un residuo di soli anni 4 e mesi 9 di reclusione che rendeva ammissibile la domanda di affidamento in prova al servizio sociale in casi particolari, essendosi abbassato il limite di pena da espiare al di sotto della soglia di anni 6.
La Cassazione pertanto annullava l’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Milano.
Le precisazioni della Corte Costituzione sul reato ostativo e permessi premio:
La sentenza della Corte Costituzionale n. 253/2019 elimina l’obbligatorietà della collaborazione con la Giustizia prevista dall’art. 4 bis ordinamento penitenziario e l’obbligatorietà per il “non collaborante” di intraprendere un giudizio di verifica di una situazione di impossibilità o inesigibilità di un utile collaborazione, quale condizione per ottenere i permessi premio secondo l’art. 4 bis comma 1-bis ordinamento penitenziario.
È pertanto venuta meno la preclusione all’ammissibilità del permesso premio per i condannati per reato ostativo ovvero è stata eliminato il principio per cui il “condannato ostativo” determina a prescindere un giudizio di pericolosità a carico dello stesso, sussistendo ancora, oggettivi, collegamenti con la criminalità organizzata.
Del pari è venuto meno l’obbligo per il “condannato ostativo” che non collaborava con la Giustizia di dimostrare che la sua collaborazione sarebbe comunque irrilevante.
Le precisazioni della Corte Costituzionale sul reato ostativo e affidamento in prova:
La Corte Costituzionale non include nel principio sopra esposto le misure alternative del lavoro esterno, della semilibertà, dell’affidamento in prova e della libertà condizionale.
Pertanto se queste misure vengono richieste da un “condannato ostativo” implicano una preliminare verifica di una condotta collaborativa oppure la dimostrazione, a carico del condannato, della impossibilità o inesigibilità o irrilevanza della collaborazione con la Giustizia.
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