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Diffamazione e Web

Con decreto di citazione il GUP presso il Tribunale per i Minorenni di B. citava il minore V. perché rispondesse del reato di calunnia poichè, sapendolo innocente, accusava A. dei reati di cui agli articoli 612 e 581 c.p.: in particolare sporgeva querela presso la stazione Carabinieri di A. nei confronti di A. affermando che lo stesso “gli metteva la sua mano al collo, spingendolo verso il muro e poi gli sferrava due ceffoni al viso e con tono minaccioso diceva se parli ancora ti ammazzo”. Durante il dibattimento l’imputato depositava consulenza informatica redatta dai consulenti nominati dall’Avv. Gianfranco Rotondo che smentivano le dichiarazioni rese dai numerosi testimoni dell’accusa, non potendosi così provare la penale responsabilità dell’imputato V. Nello specifico, le dichiarazioni rese da tutti i testi offrivano due versioni degli accadimenti totalmente divergenti tra loro ma entrambe verosimili e soprattutto, il principale teste d’accusa, citato ai sensi dell’art. 507 c.p.p., non poteva essere sentito, come eccepito dalla difesa, in quanto escusso in violazione degli artt. 63 e seguenti del c.p.p.. Alla luce di ciò, nell’impossibilità di giungere ad una dichiarazione di colpevolezza dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio, anche alla luce della perizia informatica su conversazione Facebook prodotta dalla difesa e dell’impossibilità giuridica di sentire il testimone principale dell’accusa, l’imputato veniva assolto per insussistenza del fatto.

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